I salici by Algernon Blackwood

I salici by Algernon Blackwood

autore:Algernon Blackwood [Blackwood, Algernon]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2024-03-12T08:52:12+00:00


Capitolo V

Ero fermamente determinato a rimanere sveglio e vigile per tutta la notte, ma lo sfinimento dei nervi e del corpo ebbe la meglio, e dopo un po’ il sonno mi avvolse in una piacevole coltre di oblio. Il processo fu favorito dal fatto che anche il mio compagno dormiva. All’inizio si agitava e si alzava a sedere di continuo, chiedendomi se avessi sentito questo o quel rumore. Si rigirava sul materasso di sughero e diceva che la tenda si muoveva e che il fiume era salito fino a sommergere l’isola, ma ogni volta che uscivo a controllare tornavo con la notizia che andava tutto bene, così alla fine si calmò e rimase sdraiato. Pian piano il suo respiro si fece regolare e udii l’inconfondibile suono del suo russare. Fu la prima e unica volta nella mia vita in cui quel rumore ebbe su di me un effetto gradito e rasserenante.

Ricordo che quello fu il mio ultimo pensiero prima di appisolarmi.

Mi svegliai perché avevo difficoltà a respirare e scoprii di avere la coperta sul viso. Ma anche qualcos’altro premeva su di me, oltre alla coperta, e in un primo momento pensai che lo svedese mi fosse rotolato addosso nel sonno. Lo chiamai mettendomi a sedere e in quell’istante mi resi conto che la tenda era circondata. Quel ticchettio che ricordava una moltitudine di piccoli passi era di nuovo chiaramente udibile all’esterno e riempiva la notte di orrore.

Lo chiamai ancora, più forte questa volta. Lui non rispose, ma non sentivo più il suo russare e notai anche che la tenda era aperta. Quello era stato il nostro imperdonabile errore. Strisciai nell’oscurità per chiuderla e fu allora che me ne accorsi. Lo svedese non c’era. Se n’era andato.

Mi precipitai fuori, in preda a un’orribile agitazione, e mi ritrovai immerso in una sorta di torrente ronzante che mi accerchiava e sembrava provenire da ogni direzione contemporaneamente. Era lo stesso ronzio che ormai mi era familiare… ma pareva impazzito! Era come avere sopra la testa uno sciame di grosse api invisibili. Il suono sembrava gravare sull’atmosfera stessa, rendendomi difficile respirare.

Ma il mio amico era in pericolo, non potevo concedermi esitazioni.

Stava per sorgere l’alba e una debole luce biancastra iniziava a diffondersi al di sopra delle nuvole da una sottile striscia di orizzonte sgombro. Non c’era vento. Riuscivo a malapena a distinguere i cespugli e il fiume al di là di essi, oltre le pallide chiazze sabbiose. Agitato com’ero, corsi freneticamente avanti e indietro per tutta l’isola, chiamandolo per nome, urlando a squarciagola le prime parole che mi venivano in mente, ma i salici soffocavano la mia voce e il ronzio la sovrastava, così il suono si propagava solo entro pochi metri da me. Mi gettai tra i cespugli, cadendo in avanti, inciampando sulle radici e graffiandomi la faccia mentre correvo da una parte all’altra tra i rami che mi ostacolavano.

Poi, quasi senza accorgermene, mi ritrovai all’estremità dell’isola e vidi una sagoma scura che si stagliava tra il fiume e il cielo. Era lo svedese, e aveva già un piede nell’acqua! Ancora un attimo e si sarebbe tuffato.



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